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I numeri che contano – Le metriche

In questa puntata parliamo di numeri, e devo fare una premessa.

Io sono un copywriter. Lavoro con le parole. Parolo tutto il tempo. A volte parolo tutto il santo
giorno. I numeri non mi piacciono.

Rispetto i numeri perché sono innumerevoli. Ma i numeri non mi piacciono.

Se si rende necessaria una parola, io entro in azione.
Ornella, come si dice quando una cosa è, come dire…cosata?

Deteriorata.

Un sinonimo?

I sinonimi non esistono, comunque: danneggiata, guasta, inutilizzabile, marcia, stantia, cattiva,
disastrata, devastata, distrutta, guastata, lesionata, rotta, rovinata, sciupata, sfasciata, spaccata, avariata, inservibile, inutile, irrecuperabile, andata, finita, scassata, fradicia, putrida, ammuffita, rafferma, rancida, rinsecchita, vecchia, passata.

Fornisco paragoni e metafore su richiesta, ma preferisco non risolvere equazioni.
Conosco la lingua del volgo, ma io i problemi non li svolgo.

Ebbene, anche io ho dovuto imparare a conoscere le metriche.

Cosa sono le metriche?

Nel marketing online, le metriche sono strumenti di analisi, di web analytics. Sono dati che ci aiutano ad interpretare il comportamento dei nostri utenti in base alle nostre azioni e ai nostri contenuti.

C’è un sacco di gente che ignora le metriche, perché sono un po’ noiose da interpretare e da capire. Invece bisogna che ce le facciamo amiche.

Metriche che tutti conoscono sono il numero delle visite al sito web o il numero dei follower di una pagina, per esempio. Facile leggerle no?

Ma cosa sono le impression? E la reach? E le conversioni? E come si calcola l’engagement?

Oggi chiariamo tutti questi termini e ti aiuto a fare un po’ di matematica di base. Poi cerchiamo anche di capire insieme quali metriche ci servono davvero oggi.

Hai preso carta e penna?

Imparare a leggere le metriche social. Copertura e Impression

La copertura, o reach, è il numero di utenti unici che ha visualizzato i nostri contenuti all’interno di una pagina web o di una piattaforma social.

Cosa intendo per utenti unici? Intendo dire che se un utente visualizza lo stesso contenuto tre volte, la copertura ne conterà soltanto una.

Le impression, invece, contano tutte le visualizzazioni, indipendentemente dal numero degli utenti che le hanno compiute. Ne consegue che le impressions superano sempre la copertura. Capire di quanto è interessante, e ci dice qualcosa sulla qualità dei nostri contenuti.

Se parliamo di Instagram e Facebook, è chiaro che di norma copertura e impression saranno inferiori al numero di follower: questo perché l’algoritmo propone i nostri contenuti solo ad una piccola parte del nostro pubblico.

Come si fa ad aumentarle? Possiamo farlo a pagamento, arrendendoci al fatto che ci ritroveremo a pagare visualizzazioni anche a peso d’oro.

Oppure possiamo, come sempre, lavorare meglio che possiamo sui nostri contenuti, rendendoli interessanti e coinvolgenti in modo organico.

Ricordiamoci che l’algoritmo non è brutto e cattivo, vuole solo più bene a chi fa bene.

L’engagement

Tutti lo vogliono, tutti cercano di farlo crescere. L’engagement sembra essere la metrica più amata e significativa di tutte. È davvero così? Intanto cerchiamo di capire come si calcola.

L’engagement è un dato percentuale, e si ottiene dalla somma di tutte le azioni compiute dagli utenti rispetto ad un contenuto – like, commenti, condivisioni e mention – divisa per il numero di followers.

Viene considerata una metrica fondamentale per capire le performance di una strategia social perché ci permette di capire l’apprezzamento di un contenuto.

Del resto abbiamo sempre detto che vogliamo fare community e stimolare conversazioni con il nostro pubblico. Quindi un buon engagement è cosa buona e giusta.

È cosa buona e giusta se le interazioni avvengono in modo spontaneo e naturale. La variazione del tasso di engagement attraverso sistemi automatizzati come BOT o gruppi di scambio like e commenti è quanto di più insensato possa esistere, poiché distrugge e vanifica totalmente il valore di questa metrica e produce interazioni vuote, che non forniscono cioè alcuna informazione relativa al nostro lavoro e al nostro target.

A che serve sapere che il livello di engagement è cresciuto, se lo abbiamo modificato forzatamente attraverso azioni su richiesta o a pagamento?

Mi riferisco anche alle sponsorizzazioni.
Un like e un commento valgono più o meno del costo che abbiamo dovuto sostenere per ottenerli attraverso una sponsorizzazione?

Il numero di follower, i like e i commenti sono quelle che si definiscono vanity metrics, ovvero dati buoni solo a stuzzicare la nostra vanità.

Le metriche social ci interessano fino ad un certo punto insomma.

Di quali metriche dovremmo quindi tenere conto per valutare la nostra strategia digital in generale?

ll ciclo del valore

Lo ripeto quasi in ogni puntata: la missione principale di ogni azienda, grande o piccola, è quella di dare valore e di ottenere valore.

Le aziende di maggior successo riescono a collegare le due cose per creare loop virtuosi. Più valore offri, più sei in grado di raccoglierne. Più valore acquisisci, più potrai reinvestire per offrire ancora più valore.

Per costruire un circolo virtuoso del valore attorno al tuo prodotto, devi prima di tutto definire quale valore desideri offrire e quale valore desideri acquisire. Se sei arrivato fino a qui, credo che tu lo abbia già fatto.

Ok, devi anche misurarli entrambi.

Il paradosso dei dati

Offrire valore non è una questione retorica, è davvero la cosa migliore che puoi fare per la tua attività. Pensaci, è molto più facile acquisire e fidelizzare i clienti con prodotti di alto valore, perché potrai proporli ad un costo più alto.

È quindi fondamentale ottimizzare il rapporto qualità-prezzo, misurando e aggiustando continuamente gli obiettivi in base al valore che fornisci.

Come si misura il valore che produciamo e che ricaviamo?

Le grandi aziende si trovano a confrontarsi con decine, se non centinaia, di dati diversi, spesso difficilmente aggregabili tra loro e che si prestano a un numero altrettanto elevato di metriche.

I dati sono talmente tanti, che il rischio è quello di cadere in errore, sovrastimando l’importanza di alcuni e dimenticandone altri.

Ecco perché si sta diffondendo l’utilizzo di metriche più semplici e sicure da leggere, come la Northern Star Metric e la One Metric that Matters.

Metriche che si rivelano illuminanti anche per le piccole attività.

 

La stella polare

Il successo di un prodotto o di un servizio non si misura soltanto con il fatturato. Per quanto piccola, un’attività cresce o fallisce per una serie di elementi. Dobbiamo districarci tra le tante metriche e identificare quelle realmente significative per monitorare la nostra crescita.

La Northern Star Metric è un numero, uno soltanto, che rappresenta la chiave più importante per definire il trend di un’attività.

Nasce dall’incontro tra i bisogni del cliente che vogliamo soddisfare e le entrate che generiamo facendolo.

Mi spiego meglio con qualche esempio.

Whatsapp è una piattaforma gratuita. Per whatsapp, la stella polare è il numero di messaggi inviati. Gli utenti di WhatsApp ricevono messaggi immediati e sicuri. Ogni messaggio in più inviato è quindi un incremento di valore. Se il numero totale di messaggi sta crescendo, l’azienda sta compiendo la sua missione.

Allo stesso modo, ogni minuto di video guardato su YouTube è un netto positivo per lo spettatore che cerca contenuti gratuiti e interessanti, e per lo Youtuber.

Airbnb misura il proprio valore in termini di notti prenotate, mentre più utenti davvero attivi ci sono su Facebook, più è probabile che questi utenti trovino le persone e i contenuti che stanno cercando. Così il valore di Facebook aumenta.

Ogni attività avrà una metrica diversa a cui guardare. Chiediti dunque ancora una volta qual è il valore che consegni davvero ai tuoi clienti attraverso il tuo lavoro e identifica il dato che lo racconta meglio di tutti.

 

L’unica metrica che conta

Si chiama proprio così: The one metric that matters. Ed è il numero su cui concentrarsi completamente in una specifica fase dello sviluppo della nostra attività.

Perché occorre anche dire che le metriche, per essere valide, devono tenere conto della fase in cui ci troviamo. Abbiamo appena lanciato il nostro progetto oppure si tratta di un’attività già stabile?
Siamo ancora a caccia di clienti oppure li stiamo validando, o ancora stiamo cercando di creare prodotti e servizi ad hoc per una base clienti già consolidata?
In ciascuna fase, avremo obiettivi diversi, e quindi terremo conto di metriche differenti.

The one metric that matters, l’unica metrica che conta, è quella che risponde alla domanda più importante che possiamo farci. Una metrica chiave che consente di far crescere il nostro valore, e di conseguenza il nostro fatturato, di pari passo.

È un po’ come segnare una riga sulla sabbia e poi monitorare nel tempo, se e quanto le nostre azioni hanno determinato dei passi avanti rispetto a quella linea.

Voi come valutereste il successo di questo podcast? In numero di abbonamenti sottoscritti? In numero di ascolti? Oppure contando gli utenti che arrivano fino in fondo a questo percorso?

Vi è piaciuta questa lezione sui numeri? Spero che non vi abbia annoiato e che sia servita a chiarirvi un po’ le idee.

Vorrei concludere parlandovi di un’ultima metrica che a me piace tanto considerare.

Non è una vera metrica perché nessuno ha ancora definito una scala. Non si misura con i numeri, ma si misura.

È il sentimento.

Preoccupatevi di più del sentimento. Quello che riuscite a percepire fra i vostri clienti. Quello che si legge nelle parole che usano quando parlano di voi e dei vostri prodotti. Che il sentimento vi dice sempre se siete sulla buona strada.

Creator per grandi brand, mentor per piccoli biz. Trasformo idee confuse in progetti che funzionano. E insegno a comunicare meglio.
Post By Ornella Sprizzi
Ornella Sprizzi

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